Il carrello della spesa: amico nemico
Poco meno di un secolo fa, presumibilmente in una notte insonne, il signor Sylvian Goldman, appoggiando un cestino su una sedia munita di rotelle, si rese conto che avrebbe potuto trasportare facilmente piccole quantità di merce semplicemente spingendo la sedia dallo schienale, muovendosi così, agilmente, in ambienti relativamente piccoli.
Era il Giugno del 1937 e questo signore, proprietario di un supermercato della catena “Humpy Dumpy” in Oklaoma, aveva appena migliorato la vita a qualche miliardo di persone negli anni a venire, inventando il carrello della spesa.
L’arzillo ottantacinquenne ha avuto nel tempo numerose evoluzioni, dal design ai materiali nulla è stato lasciato al caso, oggi un carrello medio riesce a trasportare fino a 100 – 150 kg di peso, sempre maggiori sono la maneggevolezza e le performance su percorsi interni ed esterni ai negozi, per non parlare dei materiali, sempre più leggeri e tecnologici, che consentono applicazioni sino a pochissimo tempo addietro impensabili.
L’evoluzione tecnologica riguardante questo nostro compagno a quattro ruote prevede che, grazie ad esso in un prossimo futuro, (con buona pace di un corposo numero di lavoratori speriamo impiegati in altre mansioni) verrà decretata la scomparsa del banco cassa, in quanto il carrello stesso dovrebbe in qualche modo gestire conteggi e pagamenti, facendo risparmiare tempo prezioso ai clienti ora obbligati a lunghe file.
Wallmart, la più grossa catena di supermercati al mondo ha già brevettato un carrello che può accompagnare anziani e disabili nei vari reparti seguendo la loro lista della spesa, lecita la perplessità su quanto possa condizionare il libero arbitrio dei soggetti in questione anche solo nella selezione delle marche, ma per i decenni a venire le problematiche da porci sono ben altre.
Con circa 37 mila punti vendita tra supermercati, ipermercati, discount e negozi di vicinato solo in Italia, immaginiamo quanti milioni di carrelli vengano spinti ogni giorno, più volte al giorno da mani non necessariamente pulite, che spesso alloggiano nel vano i propri bimbi (spesso un pò cresciutelli) e saltellanti con le loro belle scarpette sporche, quando non vi caricano (visto più volte in prima persona) gli scodinzolanti amici a quattro zampe, troppo grossi per alloggiare negli appositi spazi ormai previsti da molti gestori, a tutto questo va aggiunto che è decisamente raro che gli stessi carrelli o cestini per la spesa trovino un illuminato gestore che ne predisponga quantomeno il lavaggio, basti osservare i residui delle spese precedenti che si accumulano all’interno.
Questa purtroppo è la nostra realtà quotidiana, alla quale potremmo aggiungere ancora svariate note relative a comportamenti non encomiabili di utenti e gestori, ma il quadretto sopra citato riteniamo che descriva ed evochi a sufficienza i potenziali rischi a cui andiamo incontro.
Fino a questo punto infatti abbiamo parlato del nostro “amico” carrello, ma, alla luce di quanto appena illustrato e sulla base di dati scientifici, è lecito iniziare a porsi qualche dubbio ed auspicare e pretendere qualche saggio e concreto intervento.
Tutti o quasi ormai conoscono gli studi fatti da Professor Charles Gerba, microbiologo della università dell’Arizona, che afferma quanto estremamente più pulita possa essere la tavoletta del water di un bagno pubblico rispetto ad un carrello della spesa medio, non fosse altro che le toilette pubbliche sono soggette a frequenti lavaggi.
Gli studi del Professore hanno dimostrato quale comodissimo veicolo per miliardi di germi e batteri possano essere i carrelli della spesa, causa sovente di infezioni più o meno gravi, dalla semplice influenza alla salmonella, all’escherichia coli, batterio che può causare cistiti, infezioni alle vie urinarie e in rari casi provocare polmoniti, meningiti fino a determinare, in casi estremi, inquietanti quadri di setticemia.
Tutto questo, in periodo di pandemia è venuto maggiormente alla ribalta, anzi, ai già citati rischi, legati all’utilizzo di carrelli non sanificati si è aggiunto quello del Covid, ma le disposizioni a suo tempo emanate dallo Stato, delle quali fortunatamente alcune permangono, risultano purtroppo insufficienti a fronteggiare un problema di queste dimensioni.
Disinfettare le mani con gli appositi gel disponibili all’ingresso dei supermercati è divenuta una sana abitudine, ma questa prassi (non sempre da tutti adottata) non preserva il carrello da contaminazioni, in quanto non garantisce la disinfezione del manubrio, ma soprattutto lascia l’intera restante superficie totalmente in balia di germi e batteri, la stessa superficie sulla quale le allegre scarpette e gli scodinzolanti amici di cui sopra hanno alloggiato poco prima, la stessa preposta ahimè, ad accogliere le nostre preziose vivande, che abbiamo magari selezionato per marca, calorie, origini, e perché no, la tanto attuale quanto giusta eco sostenibilità, … e poi le spalmiamo alla rinfusa in questo pseudo cassonetto dell’immondizia!
I toni potrebbero apparire forti, ma considerando a fondo l’argomento sin qui trattato riteniamo questa la mera descrizione dei fatti, e pensiamo sia doveroso evidenziare lo stato delle cose, quanto che sia più che opportuno un intervento su più livelli, partendo dalla gente comune sino a giungere alle istituzioni, pretendendo giuste misure a tutela di consumatori e lavoratori del settore.
Da quella notte estiva del 1937 ai carrelli robot dei giorni nostri la strada fatta dai nostri amici a quattro ruote è stata lunga e gloriosa, questi ci hanno accompagnato e ci accompagnano in uno dei pochi momenti esclusivamente dedicati a noi e alle nostre famiglie, possiamo e dobbiamo pensare di dedicare loro un ultimo essenziale sforzo, garantirne e garantirci la salubrità essenziale alla tutela della nostra salute, cominciando col chiederlo ai nostri supermercati di fiducia.